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Creatività umana e intelligenza artificiale: le novità della legge n.132/2025

Articolo a cura di Edoardo Autuori

Revisionato da Guya Scaringi

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Introduzione

A seguito della pandemia COVID-19, diverse forme di intelligenza artificiale generativa (IA) sono diventate parte della vita quotidiana di numerose persone nel mondo occidentale. Infatti, le misure di sicurezza attuate durante la pandemia hanno favorito l’uso di strumenti digitali, contribuendo notevolmente alla diffusione delle tecnologie di IA. Ad oggi, studenti e professionisti utilizzano l’intelligenza artificiale per scrivere, analizzare e, in modo crescente, per creare immagini. In particolar modo, quest'ultimo utilizzo porta con sé diverse implicazioni dal punto di vista legale: opere creative che un tempo erano create unicamente da professionisti con competenze specifiche oggi sono realizzabili da chiunque, in poco tempo, tramite l'ausilio dell'IA.

La rapidità con cui questi nuovi strumenti sono in grado di creare opere dell’ingegno solleva una questione centrale: se la creatività umana è fortemente assistita da IA, a chi appartengono i diritti nascenti dalla creazione dell’opera?

La legge 23 settembre 2025, n. 132, entrata in vigore il 10 ottobre 2025, prova a dare una risposta a questa domanda. Questa legge, nota come: “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale” fornisce principi generali e disposizioni di carattere generale relative all’intelligenza artificiale, e apporta modifiche puntuali alla legge 22 aprile 1941, n. 633, ossia la legge sul diritto d’autore, precisando il rapporto tra ingegno umano e IA.

In questa ottica è fondamentale confrontare il sistema giuridico previgente con quello attuale, per poter comprendere l’impatto che l’intelligenza artificiale sta avendo sul diritto d’autore.

Il quadro normativo preesistente

L’articolo 1 della legge n. 633/1941, prima della recente modifica, esplicitava l’intento di proteggere le “opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia”. Nel quadro di questa normativa, gli strumenti tecnologici erano considerati dei meri mezzi da utilizzare per giungere alla creazione delle opere. Le prime forme di IA, ancora non generative, rientravano perfettamente in questa definizione: esse erano considerate come un pennarello o una macchina da scrivere. Erano visti come strumenti evoluti, ma non in grado di creare autonomamente un’opera dell’ingegno.

Con la graduale crescita di queste tecnologie, l’intelligenza artificiale ha acquisito la capacità tecnica di produrre contenuti assimilabili a opere dell’ingegno. Questo sviluppo ha reso sempre più labile il confine tra strumento e autore, ponendo quindi un problema di appartenenza dei diritti d’autore sull’opera.

Un celebre esempio sono i cosiddetti “Brainrot italiani”, immagini create con l’ausilio di una intelligenza artificiale generativa, che sono diventati un fenomeno globale. Queste immagini sono successivamente diventate oggetto di numerosi prodotti commercializzati da grandi società italiane, come Panini o Skifidol, rivelandosi un successo sul mercato. La commercializzazione di questo fenomeno rappresenta un caso peculiare nel panorama italiano. Le stesse identiche immagini sono state oggetto di utilizzo economico da parte di più marchi, senza che nessuno potesse vantarne l’effettiva paternità.

Questo ha posto il problema di determinare quando un’opera creata dall’IA può essere protetta da diritto d’autore: l’assenza di un autore individuabile pone in crisi l’attribuzione dei diritti d’autore secondo la disciplina previgente.Alcuni sistemi di intelligenza artificiale, come Suno IA, prevedono nelle loro politiche l’appartenenza delle opere alla società stessa, ma nella maggior parte dei casi non è così.

Fenomeni come questi mostrano come la concezione tradizionale dell’autore umano fosse divenuta per certi versi insufficiente.

Questo quadro incompleto generava incertezza per autori, editori e in generale operatori culturali, aumentando i rischi di plagio, e rendendo necessario l’intervento del legislatore.

Le modifiche della legge n. 132/2025

La legge n. 132/2025 interviene in modo molto selettivo in materia di diritto d’autore. Come già menzionato, modifica alcuni articoli della legge n. 633/1941, adattando tale provvedimento all’avvento delle intelligenze artificiali generative.

Un intervento centrale è costituito da quanto previsto all’articolo 1. Quest’ultimo è stato modificato aggiungendo delle specifiche: “le opere dell’ingegno umano di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, anche laddove create con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale, purché costituenti risultato del lavoro intellettuale dell’autore”.

Una novità interessante è l’accento sul termine umano. Solo l’ingegno umano è tutelato dalle norme sul diritto d’autore, ribadendo la centralità dell’uomo come persona fisica in grado di generare opere creative. Viene quindi esclusa la possibilità che l’intelligenza artificiale possa essere titolare di diritti autoriali, rimanendo quindi coerente con il precedente quadro normativo.

Nascono quindi due categorie diverse di opere: le opere create interamente da un sistema generativo di IA e le opere create con l’ausilio dell’IA, ma frutto di ingegno umano. Le prime, essendo prive del requisito necessario della creatività umana, non sono soggette a tutela. Le seconde sono tutelate unicamente quando l’apporto umano supera una determinata soglia, che verrà delineata più chiaramente dalla giurisprudenza futura, rendendo l’opera un’effettiva creazione dell’ingegno umano.

Questa distinzione è, ma soprattutto sarà, centrale nel futuro prossimo per settori come quello editoriale, il quale ha visto negli ultimi anni una proliferazione di contenuti realizzati con l’IA.

La legge introduce indirettamente il principio di “riserva di umanità”, il quale chiarisce che non è sufficiente un semplice input per far sì che l’opera sia considerata frutto della creatività umana.

Un’altra importante innovazione riguarda il text and data mining (TDM), ossia il processo di utilizzo di software speciali per esaminare grandi quantità di dati informatici al fine di scoprire informazioni utili. La legge n. 132/2025 chiarisce quando l’utilizzo di opere protette è consentito e quando, invece, è necessaria l’approvazione del titolare dei diritti.

Infine, la legge segue la Direttiva DSM e l’AI Act, ponendosi in continuità con la normativa europea in materia.

Ciononostante, non risolve tutti i dubbi legati in merito alla questione. Lo stesso livello di umanità richiesto non è esplicitato, lasciando delle lacune che dovranno essere colmate.

L’applicazione nel settore editoriale: problemi pratici

Uno dei settori più colpiti dall’influenza di intelligenze artificiali generative è il settore dell’editoria. Di anno in anno si vedono sempre più testi o immagini pubblicati da case editrici generati integralmente o in parte con l’aiuto dell’IA. Un esempio interessante concerne l’editore Spines, il quale si prefigge l’obiettivo di pubblicare ottomila libri in un anno con l’aiuto dell’IA.

Se da un lato l’ausilio di questi mezzi risulta estremamente utile, come evidente dal punto di vista della rapidità di produzione, dall’altro presenta diversi problemi. Come chiarito dalla legge n. 132/2025, un’opera generata da IA non è tutelata da diritto d’autore se non supera un certo apporto creativo umano. Questo principio porta con sé importanti conseguenze nella realtà editoriale. Infatti, gli editori sarebbero privi di tutela davanti a copie o ripubblicazioni da parte di terzi. Un altro tema emerge dal punto di vista contrattuale: può sorgere il dubbio circa chi si possa configurare come autore, nonché un eventuale onere della prova relativo al superamento della soglia creativa umana.

Per ovviare a queste problematiche numerose, le case editrici stanno introducendo una serie di regole e politiche relative all’IA. Ad esempio, alcuni editori richiedono agli autori stessi di autodichiarare il livello di IA usato ai fini della realizzazione dell’opera.

Rimangono dunque aperte molte questioni. Verranno verosimilmente a generarsi contenziosi relativi all’appartenenza di alcuni testi a un autore ovvero all’IA, oltre a possibili dispute relative a diritti d’autore violati. A questi dubbi dovrà rispondere la dottrina e la prassi giurisprudenziale futura.

Conclusioni

L’evoluzione delle tecnologie di intelligenza artificiale generativa è sicuramente da tenere in considerazione in quanto sta ridefinendo in modo del tutto inedito il rapporto tra creatività e diritto.

La legge n. 132/2025 ha compiuto un importante primo passo in questo senso, tracciando le linee guida per una futura convivenza tra diritti autoriali e IA, nonché affermando la centralità della creatività umana. Tuttavia, lascia irrisolte alcune delle sfide poste da questi nuovi strumenti, come mostrato dal mondo dell’editoria, che presenta ancora molte incertezze relative alla paternità delle opere.

In futuro è molto probabile che nasceranno diversi contenziosi relativi sia all’individuazione del discrimine circa la creatività umana, sia all’uso di modelli di IA addestrati su dataset protetti.

Sarà compito della giurisprudenza affermare in modo sempre più chiaro i confini tra opera creata da IA e ingegno umano, cercando di risolvere le varie incertezze ancora esistenti.


 

Bibliografia

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