Articolo a cura di Caterina Zoppini e Carlo Alberto Serioli
Revisione a cura di Riccardo Moggio
Introduzione
Nel cuore di una stagione trionfale, che lo ha visto vincere due grandi slam ed arrivare in vetta alla classifica ATP, Jannik Sinner, altoatesino della Val Pusteria, già considerato da molti il tennista più forte che l’Italia abbia mai avuto, si trova al centro di una delle sfide più complesse della sua carriera: un’accusa di doping.
Il test positivo al Clostebol, uno steroide anabolizzante proibito, ha scosso il mondo sportivo portando a interrogativi non solo sulle dinamiche dell’incidente, ma anche sul futuro dell’atleta.
Inizialmente, Sinner è stato assolto dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency), la quale ha accettato la sua spiegazione di contaminazione accidentale della sostanza dopante; successivamente il tennista si è visto presentare ricorso dalla WADA (World Anti-Doping Agency), che ha chiesto una squalifica fino a due anni.
Come si può stabilire la colpa in casi di contaminazione involontaria? E quanto potere hanno le agenzie Antidoping nel ribaltare decisioni che, a prima vista, sembrano basate su fatti incontestabili? La vicenda di Sinner apre un dibattito più ampio su giustizia, regolamentazione e integrità sportiva.
Fatti e Cronologia degli Eventi
Marzo 2024: La prima positività al Clostebol durante i controlli effettuati all’Indian Wells.
Nella partita contro Jan-Lennard Struff agli Indian Wells, marzo 2024, Sinner riceve un massaggio dal suo fisioterapista Giacomo Naldi; quest’ultimo, al fine di medicarsi la ferita riportata sul proprio dito, stava utilizzando la pomata cicatrizzante Trofodermin, contenente una piccola quantità di Clostebol, sostanza considerata dopante. Il fisioterapista, facendo un massaggio all’atleta senza munirsi di guanti, applica involontariamente una parte di questa pomata sulla pelle di Sinner, che viene contaminato dalla sostanza dopante a causa di piccoli tagli sopra cutanei. Per due volte l’atleta risulta positivo all’esame Antidoping a causa della presenza di Clostebol, proibito dal Codice Mondiale Antidoping.
Il Clostebol
La sostanza dopante al centro del caso del tennista azzurro è il Clostebol. La formula chimica del Clostebol è C19H27CIO2. Ciò indica che è composto da 19 atomi di carbonio, 27 atomi di idrogeno e un atomo di diossido di cloro.
La base della sua struttura è il nucleo steroideo, che è composto da quattro anelli carboniosi fusi (tre anelli a sei membri e un anello a cinque membri), struttura che è comune a tutti gli steroidi. Il Clostebol presenta gruppi funzionali che possono includere gruppi idrossilici (-OH) o gruppi che influenzano la sua affinità per i recettori degli androgeni e altre funzioni biologiche.
Il Clostebol è uno steroide anabolizzante di composizione chimica simile al testosterone, che facilita il recupero e rinforza la massa, aumentando la sintesi proteica e stimolando le cellule a ricrescere, sotto forma di crema per uso topico, e può essere utilizzato per la rigenerazione del tessuto cutaneo. Fungendo infatti da anabolizzante, esso favorisce la stimolazione della produzione di molecole complesse quali lipidi e proteine. Viene al riguardo utilizzato per la cura di abrasioni, ulcere cutanee e ragadi, per favorirne la cicatrizzazione. Questa sostanza rientra all’interno della Lista delle sostanze e metodi proibiti WADA.
Agosto 2024: L’ITIA accetta la spiegazione di contaminazione involontaria da parte del fisioterapista di Sinner.
Martedì 20 agosto 2024 l’ITIA emette una sentenza che dichiara l’innocenza di Sinner in merito al caso-doping; nella sentenza è stato specificato che la concentrazione di Clostebol trovata nelle urine di Sinner è stata definita «bassa»: infatti, il regime è di: 86 pg/ml nel primo test e 76 pg/ml nel secondo (una concentrazione inferiore a 10 milionesimi di grammo per litro).
Secondo la versione fornita dalla difesa di Sinner, la rilevazione del Clostebol sarebbe dovuta a una contaminazione avvenuta attraverso il fisioterapista Naldi: quest’ultimo avrebbe massaggiato Sinner nei giorni del torneo dopo aver usato il Trofodermin, un medicinale spray contenente Clostebol, per curare un taglio che si era procurato al mignolo della mano sinistra. La contaminazione durante i massaggi si spiegherebbe con il fatto che Sinner ha una forma di dermatite sui piedi e sulla schiena che gli causa spesso piccoli tagli e ferite sulla pelle: durante un massaggio fatto senza guanti, quindi, una contaminazione di questo genere sarebbe possibile. Il Tribunale sportivo ha dichiarato che Sinner non ha avuto “alcuna colpa o negligenza” nell’assunzione della sostanza dopante, una formula di assoluzione piena che gli ha permesso di evitare del tutto squalifiche.
Ottobre 2024: La WADA presenta ricorso, chiedendo una squalifica da uno a due anni.
Dopo l’assoluzione dell’ITIA, che non ha riscontrato colpa e negligenza sul caso della contaminazione da Clostebol, l’agenzia mondiale Antidoping (WADA) ha fatto ricorso al TAS (tribunale arbitrale dello sport) chiedendo per il numero 1 al mondo una sospensione che può andare da 1 a 2 anni. Il 2 settembre, la WADA ha presentato ricorso in appello, perché ritiene che la conclusione di “nessuna colpa o negligenza” del giocatore non sia corretta secondo le norme del Codice Anti-Doping applicabili al caso. Se il ricorso della WADA dovesse essere accolto dal TAS, Sinner sarebbe squalificato per un periodo compreso tra uno e due anni; il periodo di sospensione dipenderebbe dal grado di colpevolezza ed intenzionalità che ha investito Sinner nell’assunzione della sostanza dopante. La prassi richiede che, al fine di comportarsi come un agente modello per non ricadere nella fattispecie di colpa, l’atleta professionista presti massima attenzione non solo alla condotta che lui stesso tiene, ma anche ai comportamenti del suo staff. Se si vuol fare una previsione basata sulla normale tempistica processuale, si giungerebbe alla conclusione che la sentenza del TAS non dovrebbe essere emanata prima del 2025. Nel frattempo, Sinner è libero di partecipare alle competizioni come ogni altro tennista del circuito.
I fondamenti giuridici delle pretese della WADA
Violazione della normativa Antidoping del Tennis: articoli 2.1 e 2.2, in particolare il 2.1.1 e 2.2.1
Articolo 2.1.1: presenza di una sostanza proibita o dei suoi metaboliti o markers nel campione biologico di un atleta: è responsabilità personale dell’atleta assicurarsi di non assumere alcuna sostanza proibita. Gli atleti sono responsabili di qualsiasi sostanza proibita, metabolite o markers trovati nel loro corpo; non è necessario che sia dimostrata colpa, negligenza o dolo per dimostrare la violazione dell’art 2.1. Di conseguenza, ai fini dell’accertamento della violazione dell’art.2.1, non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’atleta.
Articolo 2.2.1: è responsabilità personale dell’Atleta assicurarsi di non assumere alcuna sostanza proibita o di non ricorrere a nessun metodo proibito. Di conseguenza, ai fini dell’accertamento della violazione di cui all’articolo 2.2, non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’atleta.
Questa è la fonte normativa su cui si fonda principalmente il ricorso della WADA; l’agenzia mondiale Antidoping, infatti, dice che la decisione dell’ITIA di “nessuna colpa o negligenza” a favore di Sinner non sia corretta ai sensi delle norme applicabili; secondo la WADA questo caso rientrerebbe infatti nella fattispecie di responsabilità oggettiva.
La responsabilità oggettiva è un tipo di responsabilità che si verifica indipendentemente dalla colpa o dal dolo del soggetto, ovvero senza la necessità di dimostrare che il soggetto responsabile abbia agito con negligenza, colpa o intenzione di nuocere. In questo caso, infatti, la responsabilità deriva dal solo fatto che il soggetto ha un ruolo o una posizione particolare rispetto al fatto dannoso; nel caso specifico, la “posizione particolare” per la quale si rientra nella responsabilità oggettiva corrisponde a quella dell’atleta professionista che compete con altri atleti professionisti nel circuito maggiore. Questo sistema è concepito sia per garantire la correttezza e l’integrità delle gare sportive, sia per dissuadere gli sportivi dall’utilizzare sostanze dopanti, anche attraverso un maggiore controllo sui farmaci e sugli integratori che assumono.
Articolo 10.5, Tennis Anti-Doping programme: se un giocatore o altra persona dimostra, in un caso eccezionale, di non avere colpa o negligenza per la violazione delle norme Antidoping, il periodo di ineleggibilità altrimenti applicabile sarà eliminato. L’ITIA ha dichiarato Sinner innocente poiché ha ritenuto che la norma applicabile in questo caso fosse proprio l’art. 10.5, che sarebbe una deroga al principio generale di responsabilità oggettiva sancito negli articoli 2.1 e 2.2.[RM1]
Tuttavia, l’applicazione di questo articolo non sarebbe corretta; infatti, nel Codice Mondiale Antidoping, ma non in quello del tennis, è presente un commento che specifica quanto ciò si applichi solo in casi davvero eccezionali, come un atleta che, nonostante la massima attenzione sia caduto vittima di un sabotaggio. Il caso dell’azzurro, secondo la WADA, non rientrerebbe all’interno di quei casi eccezionali di cui all’art. 10.5; l’atleta assume infatti una sostanza proibita per mezzo del proprio fisioterapista, membro del suo staff, seppure inconsapevolmente.
La WADA ha tuttavia ammesso che questo sia un caso di colpa o negligenza non significativa, in conseguenza della quale Sinner potrebbe essere sospeso per un periodo che va da 1 ad un massimo di 2 anni.
I fondamenti giuridici delle difese di Sinner
La difesa di Sinner si è avvalsa, oltre al sopracitato articolo 10.5, del parere di tre esperti estremamente qualificati, i quali hanno ricoperto ruoli di primo piano nella stessa agenzia Antidoping in passato, che hanno ritenuto plausibile che una quantità così piccola di Clostebol riscontrata sia stata assunta per contatto involontario. Si tratta di meno di 0,1 milionesimi di grammo per litro.
Domenico Pellegrini, farmacologo dell’Università di Firenze, ha spiegato cos’è il Clostebol. Il farmacologo chiarisce che gli steroidi funzionano solo se le dosi sono supramassimali, cioè da 10 a 100 volte superiori alle dosi normali. In questi casi, le quantità trovate nell’organismo di chi li assume sono enormi. Anche Simona Pichini, che dirige il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità, si è espressa sul caso Sinner, spiegando che ci vorrebbero dosaggi altissimi per aumentare il tono muscolare e ridurre i tempi di recupero tra una gara e l’altra.
In nessun altro controllo (prima o dopo l’esito positivo) è stata trovata traccia di Clostebol. Il quadro emerso non corrisponde alla volontà di alterare le prestazioni sportive, o anche ad una mancanza di lealtà da parte di Sinner in questi mesi. La WADA questo lo riconosce, infatti non ha chiesto di cancellare i risultati acquisiti da Sinner in questi mesi (salvo quanto già stabilito per Indian Wells). L’agenzia mondiale Antidoping ritiene che non sia venuto meno un senso di correttezza e giustizia, per cui i risultati sono validi. Un’eventuale squalifica scatterà in futuro, solo dopo il pronunciamento del TAS. Fino alla decisione del TAS, Sinner potrà regolarmente scendere in campo per i suoi impegni, sia nei tornei ATP che in Coppa Davis, in attesa di dimostrare ulteriormente la sua innocenza. La WADA ha fatto appello nel merito, quindi dovrà dimostrare che qualche forma di negligenza di Sinner ci sia stata a fronte di una prima sentenza che aveva dimostrato l’innocenza di Jannik, ritenuto incolpevole e inconsapevole.
Il Ruolo delle Agenzie Antidoping (ITIA e WADA)
Nel panorama internazionale del controllo Antidoping, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la WADA (World Anti-Doping Agency) svolgono ruoli cruciali e complementari nel garantire l’integrità dello sport, soprattutto nel caso di accuse di doping, come quello che ha recentemente coinvolto Sinner.
L’ITIA, organismo specifico per il tennis, ha il compito di monitorare, investigare e gestire le accuse di violazione delle normative Antidoping nel contesto di questo sport. Esso agisce come braccio operativo per il controllo dell’integrità sportiva, lavorando in collaborazione con la WADA per garantire che le regole internazionali siano applicate. Quando si verifica un presunto caso di doping, l’ITIA raccoglie le prove, esamina i campioni e offre all’atleta la possibilità di difendersi attraverso una procedura disciplinare trasparente. La sua funzione principale è quella di bilanciare la protezione dei diritti dell’atleta e l’integrità dello sport, mantenendo al contempo imparzialità e rigore nel processo decisionale.
La WADA rappresenta invece l’autorità globale sul doping nello sport. Creata per unificare le normative Antidoping a livello internazionale, stabilisce e aggiorna la lista delle sostanze proibite, oltre a sviluppare standard uniformi per i test Antidoping, come il Codice Mondiale Antidoping. In caso di sospetto doping, la WADA valuta i campioni raccolti in laboratori accreditati e certificati per garantire la massima affidabilità e standard scientifici.
Da un punto di vista giuridico, i metodi di valutazione dei casi di doping si basano su due principi fondamentali: il principio di responsabilità oggettiva e il diritto di difesa. Il principio di responsabilità oggettiva implica che l’atleta sia responsabile per qualsiasi sostanza proibita trovata nel suo corpo, indipendentemente dall’ intenzionalità o dalla colpevolezza. Tuttavia, le agenzie come l’ITIA e la WADA devono comunque valutare la proporzionalità della sanzione tenendo conto delle circostanze specifiche del caso, come la possibilità di contaminazione accidentale o errori procedurali.
Il diritto alla difesa è altrettanto centrale: all’atleta viene data l’opportunità di contestare i risultati, richiedere ulteriori analisi o presentare argomentazioni attenuanti. L’indagine può portare all’esclusione temporanea in attesa di una sentenza definitiva o alla piena assoluzione qualora si dimostri l’assenza di responsabilità. In questo senso, l’equità procedurale è un principio cardine per garantire che le decisioni prese siano giuridicamente fondate e rispettose dei diritti umani dell’atleta. L’ITIA e la WADA adottano un approccio che unisce il rapporto della giustizia sportiva al rigore scientifico e procedurale. Entrambi gli organismi mirano a preservare la fiducia nel sistema Antidoping attraverso processi trasparenti, solidi e coerenti. Inoltre, è importante ricordare che gli atleti hanno diritto a una difesa completa e alla considerazione di tutti gli elementi attenuanti.
Precedenti nel mondo dello sport: come casi simili sono stati trattati in passato
Uno dei temi più dibattuti nel panorama Antidoping è quello della contaminazione accidentale, in cui l’atleta sostiene di aver assunto sostanze proibite in maniera non intenzionale attraverso integratori, cibi o farmaci contaminati. Questo tipo di difesa sfida il principio di responsabilità oggettiva, che impone all’atleta di essere sempre consapevole di ciò che introduce nel proprio corpo. Esistono diversi casi che hanno sollevato questioni giuridiche e hanno portato a decisioni che bilanciano il rigore delle regole Antidoping con la tutela dei diritti degli atleti.
Nel 1999, il ciclista Marco Pantani venne escluso dal Giro d’Italia a causa di un valore di ematocrito (ovvero la percentuale dei globuli rossi nel sangue) al di sopra del consentito. La vicenda segnò profondamente la sua vita, il valore rilevato nel suo organismo era del 52%, quindi superiore al limite massimo consentito del 50% (con una tolleranza dell’1%). L’anno seguente, tornato alle gare, raggiunse solo sporadicamente i livelli cui era abituato, chiudendosi molto e abbandonandosi nella vita privata all’uso di droghe come la cocaina. La notizia sconvolse tutto il ciclismo, e la vicenda rimane ancora oggi poco chiara.
Pantani era il “Pirata”, l’idolo dei tifosi delle due ruote anche fuori dai confini italiani. La sua bandana, i suoi attacchi sempre in salita, le sue cavalcate trionfali, il suo modo di gestire le corse e la sua personalità lo avevano fatto diventare il personaggio del ciclismo globale. Ripercorrendo i racconti dell’epoca, si ricorda un clima strano sin dalla sera precedente, in cui Pantani si era misurato l’ematocrito utilizzando la centrifuga: il risultato era del 48%, quindi conforme ai regolamenti. Si indaga ancora sulla sua esclusione dal Giro d’Italia del 1999 per doping, l’inizio della fine della sua carriera ciclistica.
Nel 2022, la Commissione Antimafia, allora guidata da Nicola Morra, accertò come nei controlli Antidoping durante la tappa del Giro d’Italia del ’99 a Madonna di Campiglio, vi furono diverse e gravi violazioni delle regole e numerose anomalie nell’applicazione dei protocolli. La Commissione avvalorò dunque esplicitamente la pista della manomissione della provetta di Pantani.
Nel 2016, la celebre tennista russa Maria Sharapova fu sospesa due anni dopo essere risultata positiva al Meldonium, una sostanza recentemente aggiunta alla lista delle sostanze proibite dalla WADA. Sharapova sostenne che non fosse a conoscenza del fatto che il farmaco, assunto per anni, fosse stato vietato. Pur non essendo un caso di contaminazione accidentale in senso stratto, la difesa della tennista fece leva sulla mancanza di informazione adeguata, portando ad una riduzione della squalifica. Il caso dimostra come anche errori non intenzionali possano avere conseguenze significative per gli atleti.
Un avvenimento analogo a quello di Sinner si è verificato nel 2021 quando il cestista italiano Riccardo Moraschini, sotto contratto con l’Olimpia Milano, era risultato positivo al Clostelbol in seguito ad un controllo antidoping. La Procura federale aveva, fin da subito, richiesto la sospensione dell’attività del giocatore per un anno, richiesta a cui ha fatto seguito la condanna del Tribunale Nazionale Antidoping il 3 gennaio successivo. Essendo riconosciuto come atleta internazionale, in quanto appartenente al roster della nazionale olimpica durante i Giochi di Tokyo nel 2020, Moraschini si sarebbe dovuto appellare al TAS e non ad un istituto nazionale.
Durante l’udienza, la procura aveva ammesso il suo errore in primo grado. Il cestista aveva dimostrato la contaminazione involontaria per contatto indiretto del Clostebol; infatti, la sua fidanzata aveva comprato e utilizzato uno spray cicatrizzante contente questa sostanza. Dichiaratosi più volte innocente, Moraschini si era appellato alla Corte d’Appello che ha però giudicato inammissibile il suo ricorso senza che venisse valutata la correttezza o meno della condanna di un anno.
Da un punto di vista giuridico, la difesa basata sulla contaminazione accidentale solleva interrogativi complessi. Il principio di responsabilità oggettiva impone agli atleti di essere pienamente responsabili per ogni sostanza presente nel loro organismo, ma i tribunali sportivi, come il CAS, hanno talvolta riconosciuto la contaminazione involontaria come un fattore attenuante, riducendo le sanzioni. Tuttavia, per ottenere una riduzione della pena, gli atleti devono fornire prove convincenti della contaminazione e dimostrare la loro mancanza di negligenza.
Inoltre, è importante notare come la WADA e altre organizzazioni antidoping stiano cercando di rafforzare i sistemi di prevenzione e monitoraggio, specialmente per quanto riguarda i prodotti contaminati, come gli integratori. Nonostante gli sforzi, molti atleti continuano a essere esposti a rischi non intenzionali a causa di cibi o integratori contenenti sostanze proibite non dichiarate. Questo pone un ulteriore fardello sugli atleti, che devono non solo monitorare attentamente cosa assumono, ma anche dimostrare la loro innocenza in caso di contaminazione.
I casi di contaminazione accidentale evidenziano l’equilibrio tra la rigorosa applicazione delle regole Antidoping e il riconoscimento delle circostanze attenuanti. Sebbene il principio della responsabilità oggettiva rimanga un pilastro delle normative Antidoping, i casi di contaminazione involontaria hanno mostrato come le autorità sportive debbano considerare attentamente l’intenzionalità e la possibilità di esposizione involontaria a sostanze proibite. Si tratta di una questione di giustizia sportiva, che richiede un continuo dialogo tra le agenzie Antidoping, gli atleti e i Tribunali sportivi.
Conclusioni
Negli ultimi anni, il dibattito sull’efficacia e sull’equità dei regolamenti Antidoping ha sollevato questioni importanti, evidenziando la necessità di una maggiore chiarezza normativa. Un aspetto critico in questo contesto concerne l’applicabilità dell’articolo 10.5 del Codice Mondiale Antidoping, che prevede la possibilità di eliminare o ridurre le sanzioni in casi eccezionali di assenza di colpa o negligenza da parte dell’atleta o della persona interessata. La formulazione dell’articolo è ambigua e non chiarisce adeguatamente come questa deroga si applichi in relazione agli articoli 2.1 e 2.2 del Codice, i quali stabiliscono la responsabilità diretta degli atleti per qualsiasi sostanza proibita rinvenuta nel loro corpo, indipendentemente dall’intenzionalità.
L’ambiguità si riscontra principalmente nella formula “casi eccezionali” utilizzata nell’articolo 10.5; la mancanza di un’indicazione chiara su come individuare questi casi lascia un'eccessiva discrezionalità al giudice, il quale può decidere, arbitrariamente, quando un caso di assunzione accidentale di una sostanza dopante rientra nella fattispecie dell’art. 10.5 e quando invece no, lasciando gli atleti in un limbo di incertezza costante.
Ciò che si richiede alla WADA è che vengano dati dei parametri più precisi con i quali individuare i casi eccezionali, ad esempio la stesura di un elenco di casi tassativi all’interno del quale rientrino tutti i casi eccezionali citati all’art. 10.5.
È evidente che una revisione e una maggiore chiarezza nelle disposizioni permetterebbero di tutelare più efficacemente sia gli interessi degli atleti sia l’integrità dello sport.
BIBLIOGRAFIA:
Fonti giornalistiche
La Repubblica. https://www.repubblica.it/sport/tennis/2024/09/28/news/sinner_wada_doping_ricorso_squalifica-423523396/
Fonti normative
World Anti-Doping Agency Code. https://www.nadoitalia.it/it/normativa/internazionale/codice-wada.html
Giurisprudenza
International Tennis Integrity Agency, sentenza Jannik Sinner. https://www.itia.tennis/media/yzgd3xoz/240819-itia-v-sinner.pdf
Fonti scientifiche
Lista delle sostanze e metodi proibiti WADA. https://www.nadoitalia.it/images/lista-wada/2024list_en_final_22_september_2023.pdf
Clostebol composizione e struttura.https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/cclm-2024-1165/html [RM1]
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