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Il canale di Panama tra passato e presente: vicende geopolitiche e commerciali

Aggiornamento: 17 apr

Articolo a cura di Mariasole Beatrice Milani Revisione a cura di Francesca Russo



loro Premessa

La storia del canale di Panama si presenta come fenomeno comprensivo di dinamiche di diritto internazionale e di diritto commerciale, in quanto centro di interesse di intere Nazioni e di realtà societarie internazionali, che soprattutto al giorno di oggi si fanno veicoli di diatribe geopolitiche polarizzate ed in continua divergenza. Motivo principale di questi eventi è chiaramente la posizione strategica del canale, il quale si colloca tra i più importanti snodi commerciali al mondo per via del taglio operato nel cuore dell’America centrale, permettendo alle navi di evitare la circumnavigazione dell’intero continente sudamericano. Così, sin dal XIX secolo, le più prominenti potenze mondiali si contendono il controllo dello stesso, a detrimento dell’indipendenza dello Stato panamense, che solo da un ventennio ha ottenuto il pieno controllo della tratta commerciale.

 

Contesto storico

La necessità e l’opportunità di creare un passaggio tra le Americhe per facilitare il commercio nel Nuovo Mondo furono individuate molto presto dai colonizzatori europei: l’ambizioso progetto di unire i due oceani tramite un canale artificiale risale già al XVI secolo. Il primo a concepire un progetto per un canale attraverso l'istmo di Panama fu il conquistador spagnolo Vasco Núñez de Balboa, che nel 1513, durante la sua esplorazione, attraversò l'istmo e suggerì l'idea di un passaggio che collegasse i due oceani. Tuttavia, il progetto non fu realizzato a causa delle difficoltà tecniche e logistiche dell'epoca. Nel XIX secolo, l'idea fu ripresa, prima dai francesi, sotto la guida di Ferdinand de Lesseps – l’ingegnere che aveva realizzato il Canale di Suez – il quale tentò di costruire il canale tra il 1881 e il 1889, ma il progetto fallì a causa di malattie tropicali e difficoltà finanziarie. Fu solo all'inizio del XX secolo, grazie agli Stati Uniti e al presidente Theodore Roosevelt, che la costruzione del canale fu completata, con l'inaugurazione nel 1914. Infatti, dopo l’esperienza fallimentare di spagnoli e francesi nel XIX secolo, gli Stati Uniti ottennero nel 1901 i diritti sul progetto dalla Francia, e l’autorizzazione per costruire e gestire il canale da alcuni rappresentanti dello Stato colombiano – illo tempore Panama era sotto la giurisdizione colombiana. Tuttavia, il senato colombiano decise di non ratificare l’accordo, portando gli Stati Uniti e l’amministrazione di Theodore Roosevelt – allora Presidente degli Stati Uniti – ad appoggiare le rivolte indipendentiste insorte a Panama in chiave anti-colombiana. Raggiunta l’indipendenza nel 1903, Panama divenne autonoma Repubblica, autorizzando gli Stati Uniti a procedere con gli scavi del canale in forza del trattato Hay-Bunau-Varilla, stipulato nello stesso anno tra John Hay, allora segretario di Stato degli Stati Uniti, e Philippe Bunau-Varilla, ministro plenipotenziario dello Stato panamense negli Stati Uniti nonché detentore di una quota azionaria nella costruzione del canale.

Il trattato prevedeva l’impegno degli americani alla protezione della neonata Nazione ed alla garanzia della sua neutralità, nonché al pagamento di dieci milioni di dollari, originariamente destinati alla Colombia, e la corresponsione annuale di 250 000 dollari per la cessione e gestione perpetua del canale e delle terre adiacenti: condizioni queste poste a largo vantaggio degli americani e per questo criticate dagli stessi leader panamensi che non avevano partecipato alla stipula, avendo Bunau ampia discrezionalità nonché interesse personale all’immediata costruzione del canale.


Pertanto, i lavori iniziarono nel 1907 e si conclusero il 3 agosto 1914; l'inaugurazione ufficiale fu rinviata al 12 luglio 1920.


Complicazioni e negoziati

Il trattato acconsentì ad una forte ingerenza da parte degli Stati Uniti all’interno del territorio panamense, e diventò un altro simbolo dell’attitudine statunitense a portare avanti politiche estere ingombranti. Infatti, la zona del canale era assoggettata ad un governo autonomo e indipendente rispetto a quello panamense, nominato dal presidente degli Stati Uniti; si provvide anche all’istituzione di scuole, tribunali e forze dell’ordine, all’insegna di un assetto sociale discriminatorio nei confronti della popolazione panamense, la quale viveva lontana dagli agi di cui gli statunitensi godevano e dal riconoscimento dei diritti politici fondamentali, tra cui il diritto di voto.


Questa attitudine imperialista passò inosservata per la prima parte del XX secolo, consentendo alla Nazione nord-americana di sfruttare il monopolio del canale; tuttavia, innanzi al crescente fenomeno di decolonizzazione che prese piede dopo la Seconda Guerra Mondiale e alle campagne anti-imperialiste promosse da organi internazionali, tra cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite, diventò sempre più difficile giustificare le ingerenze in territorio panamense e il rifiuto alla già sollecitata revisione al Trattato Hay-Bunau-Vanilla.


Il sentimento internazionale anticolonialista, le critiche mosse contro l’imperialismo statunitense e il crescente nazionalismo panamense portarono sino all’insurrezione di numerose rivolte intestine. In particolare si ricordano gli scontri dell’inverno del 1964, insorti quando un gruppo di studenti di nazionalità americana innalzò la bandiera statunitense innanzi alla loro scuola come simbolo di affermazione della potenza statunitense su Panama e il canale. L’atto venne mal visto dai cittadini panamensi, i quali tumulti coinvolsero migliaia di cittadini panamensi molti americani trasferitisi a Panama, e portando sino alla morte di venti civili ed a centinaia di feriti, affianco ad una temporanea cessazione delle relazioni diplomatiche tra USA e Panama, ed alla consapevolezza che non ancora a lungo Panama avrebbe sopportato i limiti alla sua indipendenza.


Punto di svolta fu l’amministrazione del Presidente Carter, il quale diede luogo ad una lunga e complessa negoziazione con il Capo del Governo Omar Torrijos volta a modificare il trattato del 1903. Nel 7 settembre del 1977 vennero ratificati due trattati: da un lato, il Neutrality Treaty, garante della sicurezza e della neutralità del canale, e dall’altro il Panama Canal Treaty, in forza del quale gli Stati Uniti accettarono di ritirarsi gradualmente dal Canale, stabilendo che, nell’anno 1999, il controllo del canale tornasse nelle mani di Panama.


Così, nel giorno 31 dicembre 1999, il controllo e la gestione del canale passarono, pur non con facilità e senza turbolenze, nelle mani dell'Autorità del Canale di Panama (ACP), agenzia del Governo responsabile per le operazioni e la gestione del canale. Il canale diventò finalmente soggetto al solo controllo panamense, ferme restando le basi militare statunitensi sul territorio, simbolo di continua ingerenza da parte della Nazione nord-americana.

 

Altre influenze esterne

Seppur libero dal diretto controllo da parte degli americani, il Canale continuò ad essere centro di interesse per numerose nazioni, ma anche di realtà private inserite nel mondo dei trasporti. Già con il trattato del 1977 e con la lenta disgregazione dell’amministrazione americana a Panama, l’ACP iniziò a interrogarsi su come poter monetizzare la struttura portuale del canale, ideando a tale scopo un sistema di concessioni per la locazione a imprese private dei diversi porti situati sull’istmo. Tra i richiedenti le concessioni vi era Hutchinson Whampoa, tra le più grandi realtà imprenditoriali cinesi quotate nella Borsa di Hong Kong. Nel 1997 Hutchinson riuscì ad ottenere una concessione di 25 anni (prorogata nel 2012 fino al 2047) sugli importanti porti di Balboa e Cristobal, diventando il più grande operatore della zona.


Questa transazione non venne accolta con favore dal Governo americano, il quale temeva che il nuovo acquirente intrattenesse segretamente contatti con il Governo cinese, al fine di rallentare il flusso di navi lungo il canale a detrimento delle potenze occidentali. Tuttavia, molteplici accertamenti da parte dello stesso Governo americano provarono l’infondatezza dei citati timori, in quanto Hutchinson desiderava operare al solo fine di aumentare il prestigio e l’importanza commerciale dei due porti, senza costituirsi come minaccia lesiva degli interessi generali del canale, tantomeno di quelli americani.

 

Recenti sviluppi

L’avvicinamento a Panama da parte del colosso cinese non venne mai accolta con favore dagli Stati Uniti, e la campagna di riacquisizione del canale di Panama divenne slogan di diverse campagne politiche, creando una latente tensione tra Stati Uniti, Panama e Cina.


Tra i leaders politici che nei tempi più recenti hanno deciso di fare leva sulla questione Panama spicca Donald Trump, il quale, dopo aver dichiarato di voler promuovere l’annessione al territorio statunitense di Canada e Groenlandia, ha incentrato le sue politiche estere proprio sulla necessità di riacquistare il controllo sul canale, avendo dichiarato più volte che il controllo da parte di Hutchinson sui porti di Balboa e Cristobal è sintomo della dirompente ingerenza in occidente da parte della potenza cinese, fino a minacciare l'uso della forza militare nei confronti di Panama al fine di acquisirne di nuovo il controllo. Nella conferenza stampa di Mar-a-Lago nel gennaio 2025, Trump ha anche falsamente ribadito che il canale è adesso in mano alla Cina, lamentando l’imposizione alle navi americane di "cifre esorbitanti" per attraversare il canale, in riferimento al pedaggio a cui tutte le imbarcazioni sono soggette. In risposta, il presidente panamense José Raul Mulino non si è fatto intimorire e ha respinto al mittente la provocazione, negando la sollecitata riduzione dei pedaggi da un lato e l’influenza cinese sul governo panamense dall’altro.


Le continue pressioni da parte del neopresidente americano hanno tuttavia portato ad una recente svolta nel panorama del mercato delle concessioni del canale panamense. Infatti, il 4 marzo 2025, la grande società di investimenti americana BlackRock, insieme al suo nuovo braccio infrastrutturale Global Infrastructure Partners (Gip), e Terminal Investment, la quale fa capo alla compagnia marittima Msc dell’armatore italiano Gianluigi Aponte, hanno reso pubblica l’intenzione di acquisire una quota del 90% in Panama Ports – sussidiaria di Hutchinson – per un valore di 22,8 miliardi di dollari. L’operazione mira all’acquisizione di numerose infrastrutture inserite nel settore della logistica e dei trasporti, tra cui i porti di Cristobal e Balboa. Così sembrerebbe proprio che questa acquisizione sia il riflesso della politica sovranista portata avanti dalla nuova Casa Bianca. Infatti, anche secondo il portavoce del ministro degli Esteri cinese Lin Jian la mossa è avvenuta sotto la pressione dell'amministrazione. “Pechino sostiene la sovranità di Panama sul Canale e si impegna a supportare lo status del Canale come via d’acqua internazionale permanentemente neutrale”, ha detto, alludendo al timore che Panama possa effettivamente tornare sotto l’indiretto, o anche diretto, controllo degli Stati Uniti.


Tuttavia, secondo quanto riportato dal South China Morning Post, la firma dell’accordo stipulato il 4 marzo, inizialmente fissata al 4 aprile 2025, è stata rinviata, forse a causa del dissenso manifestato dal leader cinese Xi Jinping, a cui non è stata apparentemente richiesta una preventiva autorizzazione alla vendita. Pertanto, si attendono ulteriori sviluppi, consapevoli che l’eventuale immissione da parte dell’Autorità cinese potrebbe ulteriormente inasprire i rapporti tra USA e Cina.


Riflessioni e Conclusioni

Lo scenario appena illustrato pone al lettore una serie di interrogativi, sia di carattere etico, sia di carattere economico.


In primo luogo, sorgono dubbi sull’effettiva legittimità e sul valore etico dei trattati stipulati in attuazione delle sopracitate politiche estere, le quali si pongono in evidente contrasto con il principio di non ingerenza oggi stabilito dall'articolo 2, paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite: questo impone agli Stati di astenersi dal ricorso alla minaccia o all'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di uno Stato. Il trattato Hay-Bunau-Varilla è permeato da valori ben diversi rispetto a quelli enunciati dalla Carta, avendo dato luogo all’assoggettamento di intere terre, individui e bacini d’acqua ad una Nazione straniera, la quale ha deciso di attuare politiche volte a sottolineare la propria supremazia rispetto a un territorio e a un popolo cui sono state negate l’indipendenza e l’autodeterminazione. Nonostante le evidenti ingiustizie sorte con la costruzione del canale a Panama, la questione assume valore diverso se osservata da un punto di vista economico. Possono le esternalità positive generate dalla presenza straniera giustificare tali rapporti geopolitici? La risposta non è di agevole formulazione, e necessita le seguenti osservazioni. L’economia panamense ha registrato una significativa crescita del PIL nello scorso secolo, passando da 0,54 miliardi di dollari nel 1960 – quando solamente gli americani beneficiavano della ricchezza generata dal canale – a 3023,00 miliardi di dollari nel 2010, con una media di 64,98 miliardi di dollari dal 1960 al 2023. In quest’ottica, si stima che il Canale contribuisca direttamente per un valore compreso tra il 3% e il 5% del PIL annuale panamense. Percentuale che singolarmente non risulterebbe di grande importanza, ma che se considerata alla luce degli stimoli al settore dei trasporti, delle costruzioni (infrastrutture portuali), dell'occupazione e degli investimenti esteri, ci fa comprendere come la sua contribuzione sia direttamente e indirettamente fondamentale per l'economia del paese, e continui a essere uno dei principali fattori di sostenibilità economica per Panama. Il canale diventa così dimostrazione di come un’opera eseguita in chiave colonialista e imperialista possa risultare produttiva di esternalità positive idonee a sollevare il Paese assoggettato all’ingerenza altrui, pur con turbolenze e sottomissione. Rimane cioè il fatto che lo Stato di Panama ha potuto godere di queste esternalità solo dopo un secolo circa dalla sua costruzione, dopo sofferenze, scontri intestini e negoziati raggiunti con grande fatica. Pertanto è certo che il corso degli eventi avrebbe potuto fluire diversamente se alla stipulazione del trattato del 1903 il principio di non ingerenza fosse stato realmente perseguito e posto come inviolabile senza eccezione alcuna, garantendo a Panama e al suo popolo non solo benefici di natura economica, ma anche e soprattutto la loro autonomia e dignità innanzi agli Stati Uniti. In secondo luogo, le recenti acquisizioni dei porti di Cristobal e Balboa invitano a riflettere sul panorama geopolitico internazionale, il quale è ancora oggi alimentato dalle perenni rivalità tra le sfere orientale e occidentale, ed in particolar modo tra Cina e Stati Uniti. Così molte manovre di acquisizione del settore privato si fanno portatrici di istanze politiche in quanto capaci di determinare il futuro di intere realtà economiche come quella del canale di Panama. Pertanto, ci si domanda se la presenza sul suolo panamense da parte del fondo di investimento americano Blackrock implicherà un ulteriore avvicinamento da parte degli americani, costituendosi come primo passo verso la ricostituzione del previgente regime di controllo e gestione, sia essa diretto o indiretto, e più o meno invadente. Pericolo questo forse non troppo lontano, soprattutto alla luce delle esuberanti politiche dell’odierna presidenza statunitense tese ad inasprire i rapporti diplomatici internazionali, permettendo al desiderio di potere e controllo di spingersi oltre i confini nazionali americani ancora una volta, e consentendo ai più spavaldi di oltrepassare i limiti tracciati con incertezza dai rapporti internazionali. Bibliografia

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Daily telegraph (London, England : 1969), 2025-03-05, p.19-19




 

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