La separazione delle carriere.
- advocacylitigation
- 25 apr
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Articolo a cura di Leila Specogna
Revisione a cura di

Il DDL di riforma costituzionale
Il tema della separazione delle carriere ha, negli ultimi mesi, raggiunto ogni angolo più recondito del dibattito pubblico, suscitando riflessioni e confronti tra le diverse forze politiche e istituzionali. Alla luce degli sviluppi recenti, questa questione giuridica ha fatto emergere la sua complessità intrinseca, radicata tanto nella sua genesi storica quanto nelle dinamiche evolutive del corpo della magistratura e nel suo dialogo con le forze politiche. Un tema che non solo interroga la funzionalità del sistema giudiziario, ma solleva interrogativi cruciali sull’equilibrio dei poteri e sulla tutela dei principi costituzionali.
Il disegno di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati il 16 gennaio 2025 è attualmente in fase di revisione al Senato, in vista della seconda approvazione necessaria prevista dall’iter aggravato di revisione costituzionale ex Art 138 Cost. Dopo un lasso di tempo non inferiore a tre mesi, il Senato potrà pronunciarsi sul disegno di legge e, a seguito della deliberazione, se approvato con una maggioranza assoluta ma inferiore ai due terzi dei parlamentari, potrà essere proposto un referendum.
Il disegno di legge proposto si concentra su una serie di modifiche significative dell’assetto della magistratura italiana. In particolare, il disegno prevede la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, attualmente distinti solo per funzioni, l’abolizione del CSM e la creazione di due organi analoghi, uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente, di diversa composizione e la creazione di un’Alta Corte Disciplinare. Ad oggi, in seguito alle leggi Castelli e Cartabia, il passaggio tra le funzioni è stato fortemente limitato, infatti è consentito un solo passaggio, da esercitarsi entro i primi dieci anni di carriera e subordinato al cambio di regione.
L’attuale dibattito sulla riforma merita un’analisi approfondita, poiché la magistratura, quale istituzione fondamentale della Repubblica, è preposta all’amministrazione della giustizia in nome di tutto il popolo italiano. Ogni intervento riformatore, pertanto, deve essere orientato verso il miglioramento funzionale e strutturale dell’ordinamento e, in tal senso, qualsiasi discussione pubblica, da ambo i lati, che si discosti da questa impostazione rischia di alimentare un clima di contrapposizione improduttiva, rischiando di distogliere l’attenzione dal necessario approfondimento delle questioni di merito.
Il ruolo del Pubblico Ministero
Alla luce di queste premesse, la proposta in oggetto merita di essere esaminata anzitutto nella sua prospettiva sistematica, a partire da un richiamo essenziale sulla genesi e l’inquadramento della figura del pubblico ministero nel nostro ordinamento. Durante la fase prodromica alla stesura della Costituzione e, in particolare, alla elaborazione dell’assetto giurisdizionale, i membri dell’Assemblea Costituente dibatterono a lungo su quale fosse il modello di processo penale preferibile, convenendo su quello accusatorio: un modello processuale dove la prova si forma nel contraddittorio tra accusa e difesa, nell’oralità del dibattimento, dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale. In tale contesto, la scelta di inserire il pubblico ministero nella medesima area di indipendenza e autonomia della magistratura giudicante fu frutto di un’elaborazione attenta, volta a evitare una sua sottoposizione al potere esecutivo. Fu l’onorevole Grassi a proporre che il p.m. fosse costituzionalmente equiparato alla magistratura giudicante, a tutela di una piena garanzia di autonomia funzionale. Una scelta ritenuta allora, e tutt’oggi, decisiva per un processo equo, orientato al rispetto delle garanzie difensive e all’equilibrio delle parti. La figura del pubblico ministero, dunque, si caratterizza per una posizione peculiare: sebbene non rivesta un ruolo strettamente giurisdizionale, egli esercita una funzione essenziale all’interno della giustizia, in costante coordinamento con la polizia giudiziaria, e soggetto al vincolo dell’obbligatorietà dell’azione penale. Proprio tale complessità rende l’inquadramento sistemico del p.m. un tema di primaria delicatezza. In tale contesto, una delle principali preoccupazioni sulla riforma – dichiara il Procuratore della Repubblica di Palermo De Lucia - riguarda la cosiddetta "ipertrofia dell’accusa". La creazione di un CSM “requirente” distinto da quello giudicate porterebbe ad una sovra rappresentazione dell’accusa e un’ulteriore concentrazione di potere nelle sue mani, con il rischio di accentuarne l’asimmetria rispetto alla difesa, elemento di possibili tensioni all'interno dell'ordinamento. Inoltre, si aggiunge la questione del controllo disciplinare che viene trasferito in capo ad un terzo organo, l’Alta Corte Disciplinare, composita di membri nominati in parte dal Parlamento e in parte dal Presidente della Repubblica.
Il principio di terzietà del giusto processo
Non mancano, tuttavia, posizioni favorevoli alla riforma, espresse con particolare vigore da parte della avvocatura penalistica. Tra queste, l’Unione delle Camere Penali Italiane si è più volte fatta portavoce dell’esigenza di una netta e maggiore distinzione tra giudice e pubblico ministero, richiamando il principio di terzietà del magistrato giudicante quale fondamento imprescindibile di un giusto processo, ravvisando, in questo disegno di legge, la possibilità di attuare il principio di equidistanza del giudice rispetto alle parti. L’attuale configurazione del pubblico ministero come parte del medesimo ordine giudiziario cui appartiene anche il giudice, pur nel rispetto dei limiti funzionali e organizzativi previsti, viene percepita da una parte del foro come suscettibile di minare l’apparenza di imparzialità del giudice agli occhi dell’imputato. In questa prospettiva, la separazione delle carriere viene letta come uno strumento idoneo a rafforzare l’equidistanza di accusa e difesa rispetto al giudice nel processo penale, contribuendo a una maggiore simmetria tra le parti. Alcuni sostenitori della riforma richiamano altresì il confronto con altri ordinamenti europei, nei quali la distinzione tra magistratura giudicante e requirente è peraltro prassi consolidata.
Un ulteriore argomento di rilievo, addotto a sostegno della riforma, riguarda la modalità di valutazione della professionalità dei magistrati. Recenti riforme hanno introdotto un sistema di autovalutazione che prevede la raccolta e l'analisi sistematica delle performance individuali, con particolare attenzione agli esiti dei procedimenti e alla gestione delle udienze. Tuttavia, la percezione di imparzialità potrebbe essere influenzata dal fatto che tali valutazioni sono effettuate all'interno dello stesso corpo giudiziario, potenzialmente generando intersezioni di interesse o influenze – afferma l’avvocatura. In questo contesto, la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri potrebbe contribuire a garantire una maggiore trasparenza e obiettività nel processo valutativo.
L'evoluzione del CSM
Di converso, un elemento evidenziato come problematico da parte del corpo giudiziario, in particolare dall’Associazione Nazionale Magistrati in occasioni di diverse assemblee pubbliche, è l’evoluzione del CSM e la sua nuova composizione. L'attuale sistema di nomina dei magistrati, seppur con alcune criticità, prevede la nomina dei membri del CSM, tramite elezione. La nuova proposta di legge invece, cercando di superare il tradizionale metodo elettivo, introduce la tecnica del sorteggio, configurandosi così come una risposta a diverse problematiche, prima fra tutte, il correntismo. Su questo tema si richiama la topografia dell’articolo 104 Costituzione, il quale esprime i principi di “autonomia e indipendenza” propri della magistratura. In particolar modo, il concetto di indipendenza si declina in due accezioni complementari: quella esterna, come libertà da qualsiasi inferenza di poteri esterni e quella interna, ossia la libertà dei singoli magistrati e degli organi interni di operare senza vincoli o pressioni all’interno dello stesso ordine giudiziario. È stata proprio quest’ultima forma di indipendenza, tutelata formalmente dalla combinazione degli articoli 107 (“i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”) e 101 Costituzione (“i giudici sono soggetti soltanto alla legge”), a essere intaccata nel corso della storia dal morboso fenomeno del correntismo. A proposito, spiega il Prof. Lorusso: “il pluralismo associativo della magistratura è l’effetto di una trasformazione nella struttura dei rapporti interni dell’ordine giudiziario non solo consentita ma addirittura presupposta dalla Costituzione e che nulla a che fare con il correntismo – da intendersi come una sua degenerazione patologica”. Infatti, il fenomeno delle “correnti” all’interno della magistratura, nate per favorire il dibattito sul ruolo dei magistrati e sulla politica della giustizia, si è progressivamente trasformato in un terreno di contrapposizione interna, spesso segnato da logiche di potere e da dinamiche poco trasparenti. Un momento emblematico di questa crisi si è verificato nel maggio 2019, con il cosiddetto “caso Palamara”. Allora, presso l’Hotel Champagne di Roma, si svolse una riunione informale tra Luca Palamara, all’epoca ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), due parlamentari e cinque consiglieri togati del Consiglio Superiore della Magistratura, con oggetto dell’incontro la discussione sulla nomina del nuovo Procuratore della Repubblica di Roma. A seguito delle indagini e delle rilevazioni emerse, la sezione disciplinare del CSM dispose la sospensione dei cinque consiglieri coinvolti, evidenziando la gravità delle violazioni commesse e l’urgenza di un intervento correttivo. Questi eventi hanno rappresentato uno dei passaggi più critici nella recente storia della magistratura italiana, alimentando un ampio dibattito pubblico sulla trasparenza e sull’indipendenza del sistema di autogoverno giudiziario. Naturalmente, la genesi complicata e la natura complessa di tale fenomeno suggeriscono che la sola tecnica del sorteggio non possa risolvere il problema, in quanto gli stessi membri estratti potrebbero essere coinvolti in tali dinamiche interne. Inoltre – evidenziano i rappresentanti dell’ANM - l’introduzione del sorteggio solleva sul piano ontologico, seppur indirettamente, interrogativi sull’autorevolezza istituzionale del CSM.
In conclusione, quindi occorre quindi che forze politiche, istituzioni giudiziarie, il mondo accademico e società civile si impegnino in uno spirito di collaborazione e dialogo intellettualmente onesto, valutando ogni proposta alla luce dei criteri di merito e tutela del bene comune.
- https://www.altalex.com/documents/news/2024/09/16/separazione-carriere-tra-pm-giudici-ocf-favorevole
- Biondi, F. (2024). Il Consiglio Superiore della Magistratura. Organo dell'autonomia o luogo di potere? Bologna: Il Mulino.
- Barbera, A., Fusaro, C., & Caruso, C. (2024). Corso di diritto costituzionale (7ª ed.). Bologna: Il Mulino
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